Cominciano le analisi sulle ragioni della sconfitta della Lega.
A seguire, quella proposta a caldo da Il Fatto Quotidiano.
Nel pomeriggio di ieri Merola se n’è andato tranquillamente al cinema, ha detto basta ai numeri, l’astensione, le percentuali: “Ora non resta che aspettare, quello che dovevamo lo abbiamo fatto”, ha detto agli amici. Così ha salutato tutti ed è andato al cinema a vedere Red, film con Bruce Willis e Morgan Freeman, la storia di un ex agente della Cia che vive isolato dal resto del mondo, ma a un certo punto dovrà difendersi da un giovane killer iper-tecnolocizzato. Non proprio una pellicola rilassante, visto che lui un killer sulle spalle ce l’aveva, metaforicamente parlando, e porta il nome di Manes Bernardini, il padano dalla faccia pulita che vuole una Bologna ai bolognesi (anche se lui vive in un altro comune, a Casalecchio di Reno, e manco è riuscito a votarsi) e il decentramento del ministero della pubblica istruzione, perché “Bologna è la capitale della cultura” (Bologna, piazza Maggiore domenica 8 maggio).
Bernardini, apparentemente sempre più rilassato di Merola, ieri ha accompagnato la moglie a votare, poi si è dedicato alla famiglia. Il ragazzo voluto dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, assecondando l’idea fissa del trota, alias Renzo Bossi, e cioè padanizzare l’Emilia Romagna, sembrava – almeno nel primo pomeriggio – poter arrivare al ballottaggio. Poi le proiezioni lo hanno gelato. Eppure di fattori a suo favore ne aveva: l’effetto Sergio Cofferati, il sindaco-assente, poi Flavio Delbono, il protagonista della love story del decennio a spese pubbliche, e una campagna che il vertice del Carroccio gli ha fatto con tutte le forze a disposizione. Ma non è bastato. Anzi, probabilmente è stata la Lega stessa a danneggiarlo (vedi Tremonti e Calderoli), pur lasciandogli mano libera sul programma, la posizione in merito agli immigrati (“non dico di sparargli come ha fatto Speroni”, Bologna lunedì 2 maggio), l’accoglienza, le politiche per la città. Lo hanno lasciato fare, fino a guadagnarsi, l’avvocato Manes, un posto nell’olimpo – riservato a pochissimi – dei leghisti dalla faccia pulita.
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