E' quanto sostiene la politologa Nadia Urbinati che, in un articolo pubblicato su Repubblica di oggi, analizza le ragioni dello scontro in atto tra il movimento degli indignados (o Occupy Wall Street, come li si voglia chiamare) e le oligarchie economico finanziarie globali che, di fatto, sono i veri Masters of the Universe contemporaneo.
Nelle democrazie - spiega Urbinati - le oligarchie che da sempre governano in tutti i tempi e tutti i luoghi, vengono incorporate nel sistema (democratico). Almeno, fino a quando "l'economia cresce e produce ricchezza alla quale tutti, chi più e chi meno, possono sperare di accedere e, nei fatti, vi accedono anche. Ma quando questa condizione decade, allora la moltitudine comincia a proporre politiche che intaccano le ricchezze e le proprietà dei pochi, politiche fiscali redistributive. È a questo punto che la differenza tra oligarchia e democrazia si mostra con tutta la sua radicalità".
"Occupy Wall Street – prosegue la politologa - è il segno che la tregua tra oligarchia e democrazia si è interrotta. Le pressioni delle dirigenze finanziarie e bancarie sulla democrazia greca (...) affinché non ricorra al referendum è il segno di un'escalation del potere oligarchico su quello democratico. E che il popolo greco non vada al referendum è un segno del potere che l'oligarchia ha di fare sentire la sua voce. Ma è anche un segno del fatto che le procedure democratiche stesse possono diventare un problema se il loro uso paventa esiti che possono mettere a repentaglio l'interesse materiale dei pochi".
Le ragioni profonde della crisi attuale, conclude Urbinati, consistono "nel fatto che per la prima volta cittadini che avevano conosciuto per due o tre generazioni un'espansione dei diritti e delle possibilità, si trovano oggi di fronte alla perdita di status, a non potere aver progetti per il futuro. Con la propaganda mediatica (...) che li vuole convincere ad accettare l'impoverimento senza dare loro in cambio alcuna certezza per il domani. In passato quando si trattava di tirare la cinghia si invocava 'l'interesse nazionale', e i super-ricchi erano in molti casi, come gli Stati Uniti, i primi a partecipare. Ma oggi non vogliono condividere gli oneri".
Conclusione? Preoccupante: "Questa è la gravità dell'attuale tensione tra oligarchia e democrazia: se le due forze si mostrano così bene oggi, se in altre parole l'eguaglianza, anzi la sua violazione, è oggi il tema centrale è perché il patto che mitigava la diseguaglianza e incorporava l'oligarchia dentro la democrazia mostra la corda. Nessuno può allo stato attuale delle cose dire come lo scontro si evolverà. Ma le pressioni dei 'mercati' sulla Grecia affinché non convochi i molti a giudizio è un segnale nemmeno troppo velato dei rischi politici che questa crisi contiene. Per la democrazia non si promette nulla di buono".
Questo feroce, sì feroce, scontro tra le oligarchie planetarie - il famoso 1% secondo il movimento degli indignados, e il restante 99% trova ovviamente un ulteriore fronte, dopo quello greco, anche nel nostro Paese, scosso da una crisi politica, prima ancora che economica, che fa dell'Italia un perfetto terreno di scontro tra i contendenti di cui sopra.
In questo senso, è tutta da leggere un'intervista - sempre su Repubblica di oggi - a Davide Serra, finanziere della City, che spiega: "dalla situazione di crisi si esce con due manovre. Una per la crescita, per implementare quel che ha chiesto la BCE al Paese. Quindi riforme per privatizzare e liberalizzare i beni, servizi e mercato del lavoro. L'altra per ridurre il debito pubblico entro breve, prima che la spesa per interessi sommerga l'Italia. Servirebbe un taglio da 500 miliardi (sic!), ci sono due modi per farlo: ridurre la spesa corrente (sanità, pensioni, dipendenti pubblici) e aumentare la fiscalità sui patrimoni, quindi tassa su successioni, capital gain, patrimoni".
Insomma, messaggio chiaro: per rimettere in carreggiata l'Italia (secondo i parametri del "mercato", da virgolettare come ha già fatto nel suo articolo la Urbinati) servono lacrime e sangue (del popolo).
La patrimoniale? L'obolo spontaneamente offerto alla causa da quell'1% (altrimenti, fosse così semplice, perché - a parte qualche rara eccezione - nei vari Paesi in cui dal 2008 la crisi ha lasciato tracce sempre più pesanti Patrimoniale & Affini sono sempre considerati l'ultimissima carta da giocare? Perché sono misure che spaventerebbero i mercati, naturalmente, facendo migrare i super-ricchi che, secondo le teorie neo-liberiste, sono i motori dell'economia e soprattutto della finanza).
Domanda del cronista a Serra: questo "programma" è condiviso, tra operatori finanziari?.
Risposta: "Giorni fa all'hotel Langham di Londra una banca ha invitato a cena 30 investitori globali in reddito fisso e azioni. Tema della serata, Europa e crisi. Tutti hanno parlato dell'Italia in questi termini".
Domanda: agli investitori piace la patrimoniale?
"Sì, perché a furia di sentire false promesse dai politici si sentono presi in giro. La classe politica ha venduto per 20 anni agli italiani un sogno fatto di pensioni, lavoro a vita e tasse basse. Ma era insostenibile finanziariamente". Giusto una nota sulle tasse basse: forse Serra ha vissuto in un altro Paese (infatti sta a Londra).
Conclusioni del finanziere? Eccole. Chiarissime. Inequivocabili: serve un governo tecnico. L'Italia deve passare nelle mani dei tecnocrati per eseguire i compiti che ci hanno assegnato i "mercati". Quali? "Il Paese dovrà passare per una cura dolorosa, speriamo con un governo tecnico fautore di un programma di vasto consenso. Non si tratta più di destra o sinistra: il Parlamento ha perso efficacia, gli italiani la loro sovranità, perché non sanno più finanziare il debito. L’annuncio al G20 che il Fmi manderà i commissari in Italia, che da venerdì rilancia lo spread, è l’anticamera del default: come in Grecia, dopo viene solo la troika Fmi- Ue Bce".
E la democrazia, i cittadini, la sovranità popolare, in tutto questo?
Ripassare a partita conclusa.
Fonte immagine: Occupy Together |
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