(Foto: Ahmed Jadallah/Reuters)
E per Sugo s'intende Marcello Citano, nato il 3 dicembre 1926 a Firenze. Ha fatto parte della brigata "Senigallia" e questo era il suo nome di battaglia.
La sua storia di partigiano combattente (che è contenuta nel libro "Ribelli" di Domenico Guarino e Chiara Brilli ed. Infinito, 2011) in alcuni momenti ricorda quella degli indignados. O almeno ricorda quelli che dovrebbero essere gli intenti e la "molla che fa scattare" la rivolta degli indignados.
Soprattutto in questo passaggio:
«Quando il livello delle ingiustizie e delle disuguaglianze arriva al punto in cui siamo oggi - racconta ancora il Sugo - è normale vedere nei giovani una gran voglia di combattere questo sistema che li ha traditi e sta rubando i migliori anni della loro vita. D'altro canto è pur vero che senza i partiti, senza un'organizzazione solida, non si realizza un vero cambiamento. La nostra lotta ebbe successo anche perché avevamo un'organizzazione che, in gran parte, per quel che mi riguarda, era data dal Partito comunista. Oggi non è più così. Certo, le condizioni erano diverse, perché noi uscivamo dalla guerra, dalla distruzione che questa aveva determinato anche a livello morale, psicologico, per cui allora la ribellione per un certo verso era più semplice».
Prima di andare ad intervistare per il doc. "Rimetti a noi i nostri debiti" Loretta Napoleoni a Milano, mi sono chiesto "ma cosa studiano gli indignados? come ci si forma a diventare indignati?".
«Da mesi ci ripetono che alla radice della crisi attuale ci sono gli speculatori. A loro si attribuisce tutta la responsabilità del cataclisma finanziario ed economico che incombe sul capitalismo occidentale - ha scritto Napoleoni nella sua appendice all'ultimo libro "Il contagio" -. Ma gli Indignati europei, americani, africani, mediorientali e tutti coloro che hanno abbracciato il movimento di protesta puntano invece il dito contro la classe politica e le élite al potere: è il loro modello economico squilibrato che non funziona più».
Allora mi viene in mentre la frase di don Milani "niente è più ingiusto che far parti uguali tra disuguali" in Lettera ad una professoressa che è stata ripresa successivamente da un altro partigiano, Ermanno Gorrieri, nei suoi studi sociali. Che in tema di "pensioni" e "patrimoniale" torna anche d'attualità.
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